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Storia dei Pirati

I pirati sono navigatori che assaltano imbarcazioni di vario genere per saccheggiarne il carico e, spesso, per catturare l’equipaggio e impossessarsi delle navi stesse.
La pirateria nei Caraibi
La pirateria quindi, è antica quanto la navigazione, ma nella cultura popolare è riferita, soprattutto, ai secoli XVI-XIX. La pirateria più documentata della storia è quella dei Caraibi, tra il 1600 ed il 1700, ovvero “epoca d’oro della pirateria“, quando i “pirati dei Caraibi”, resi popolari anche dal cinema e dai romanzi di avventura, dominavano i mari nei pressi del “Nuovo mondo“. Uno dei pirati più famosi dei Caraibi era Edward Teach, più conosciuto come Barbanera.
La pirateria nei Caraibi iniziò a declinare verso il 1720, quando le potenze europee ritirarono molte “patenti di corsa”. Numerosi corsari si trasformarono in pirati non-autorizzati, ma le flotte dei paesi europei li contrastarono efficacemente, provocando la scomparsa quasi totale del fenomeno, nel volgere di pochi anni.
Le aree considerate ad alto rischio di pirateria sono cambiate nel tempo. Tra queste ci sono state il Mare Caraibico, come detto prima, la zona dello stretto di Gibilterra, il Madagascar, il Mar Rosso, il tratto di mare tra le Filippine, Malaysia e Indonesia, dove spadroneggiavano i pirati filippini.
La pirateria nel Mar Mediterraneo
Il Mar Mediterraneo vide sorgere e consolidarsi alcune fra le più antiche civiltà del mondo ma, nello stesso tempo, le sue acque erano percorse anche da predoni del mare. L’Egeo, un golfo orientale del Mediterraneo e culla della civiltà greca, era un luogo ideale per i pirati, che si nascondevano con facilità tra le migliaia di isole e insenature, dalle quali potevano avvistare e depredare le navi mercantili di passaggio.
Le azioni di pirateria erano inoltre rese meno difficoltose dal fatto che le navi mercantili navigavano vicino alla costa e non si avventuravano mai in mare aperto. L’attesa dei pirati, su una rotta battuta da navi cariche di mercanzie, era sempre ricompensata da un bottino favoloso. I pirati attaccavano spesso anche i villaggi e ne catturavano gli abitanti per chiedere un riscato o per rivenderli come schiavi.
Corsari e Pirati
Ma soprattutto va sottolineata la differenza tra corsari e pirati.
I pirati sono a tutti gli effetti dei fuorilegge che, aggiscono solo per il proprio tornaconto.
I corsari, invece, erano privati cittadini, autorizzati da un’autorità statale, con un’autorizzazione formale, detta “lettera di corsa”, a compiere azioni contro le navi dei Paesi nemici. Erano, quindi, “pirati legalizzati”, ai quali come premio delle loro azioni restava tutto o una parte del bottino conquistato.
La “guerra di corsa”, come veniva chiamato questo tipo di attacchi, è stata comune per molti secoli, fino a quando è stata vietata da un accordo internazionale nel 1856.
La pirateria vichinga

Nei primi secoli del Medioevo i pirati più temuti erano i vichinghi, originari dalla penisola scandinava, che compirono incursioni nei mari dell’Europa settentrionale e in seguito anche in altre aree.
I vichinghi, nell’immaginario moderno, sono associati a falsi miti, tra quali che fossero molto alti. Secondo studi moderni erano solo di media statura. Gli troviamo spesso indossando elmi con le corna, che vivessero solo per depredare (anzi, erano anche commercianti o semplici esploratori) e che usassero i teschi come tazze, nonché fossero selvaggi e sporchi, niente di più sbagliato.
Il cuore della società vichinga era in realtà basato sulla reciprocità, sia a livello personale e sociale, sia a livello politico. Riguardo all’igiene, erano in realtà considerati “eccessivamente puliti“, dalle popolazioni britanniche per la loro abitudine di fare almeno un bagno alla settimana e usavano pettini e sapone. Storicamente inesatto, invece, il fatto che portassero elmi dotati di corna.
Ciò non toglie che, effettivamente, i vichinghi terrorizzassero chiunque fosse da loro assalito. Spesso trucidavano la popolazione locale, depredando tutti i beni e il bestiame, schiavizzando i bambini e le donne, talvolta arrivando a commettere infanticidio, secondo le loro usanze belliche.
Attacchi vichinghi

Il primo attacco registrato da parte dei vichinghi si ha nel 793, testimoniato da Simone di Durham. Esso racconta del saccheggio della chiesa di Lindisfarne, dove sono stati rubati tutti i tesori. Incursioni di questo tipo erano comuni anche fra i norvegesi. Questi pirati erano provvisti di grandi navi, chiamate drakkar, che usavano per scontri in mare, oltre che, per sacheggiare le città costiere ed i monasteri.
Nel 795, i pirati nordici fecero irruzione per la prima volta a Iona, un’isola al largo della Scozia. Venne attaccata nuovamente nel 802 e nel 806, dove si riporta l’uccisione di sessantotto persone fra monaci e laici. Valfridio Strabone, abate di Reichenau, riporta in un manoscritto contenente molte delle sue opere, racconti dettagliati di un guerriero irlandese aristocratico che donò la sua vita a Dio. Costui era Blathmac e durante un attacco al suo monastero da parte dei pirati nel 825, venne lasciato in vita per ricavare informazioni riguardanti i prossimi obiettivi da depredare. Al rifiuto di fornire tali informazioni, i pirati lo assassinarono brutalmente.

Famosi per la loro abilità di navigatori e per le lunghe barche, i vichinghi in pochi secoli colonizzarono le coste e i fiumi di gran parte d’Europa, le isole Shetland, l’Islanda, la Groenlandia e Terranova. Si spinsero a sud fino alle coste del Nordafrica e a est fino alla Russia e a Costantinopoli, sia per commerciare, sia per compiere saccheggi.
Il declino
Il loro declino avvenne in coincidenza con la diffusione del Cristianesimo in Scandinavia. A causa della crescita di un forte potere centralizzato e al rinforzarsi delle difese nelle zone costiere dove erano soliti a compiere saccheggi, le spedizioni predatorie divennero sempre più rischiose, cessando completamente nel XI secolo, con l’ascesa di re e grandi famiglie nobili e di un sistema semi feudale. Tuttavia la pirateria continuava ad essere presente in altri mari del mondo.
I Mori
Verso la fine del IX secolo, i Mori si erano instaurati lungo le coste della Francia meridionale e l’Italia settentrionale. Il termine moro o moresco è usato in contesto non-islamico per indicare i musulmani del Marocco, della penisola iberica e della Sicilia.
Il termine Mori o anche Mauri è stato a lungo usato per indicare i magrebini in contrapposizione a europei, arabi e turchi, prima che prendesse piede l’uso improprio, diffuso soprattutto a partire dall’epoca di Napoleone III, di chiamare indistintamente arabi, tutti i magrebini mussulmani.
Il termine “moro” si è sovrapposto alla parola mediterranea, attestata anche nel greco, che indica qualcosa di scuro, per esempio scuro di carnagione, caratteristica sostanzialmente presente nell’elemento berbero.
Nell’anno 846 i Mori saccheggiarono Roma e danneggiarono il Vaticano. Nel 911, il vescovo di Narbona fu impossibilitato al ritorno in Francia per via del controllo che i Mori esercitavano su tutti i passi delle Alpi. Dall’anno 824 all’anno 916 i pirati arabi razziarono per l’intero Mediterraneo. Nel XIV secolo gli assalti dei pirati Mori e Arabi costrinsero il Ducato Veneziano di Creta a chiedere al Gran Duca di tenere costantemente in allerta la sua flotta navale.
I Narentani
Un’altra “ciurma di pirati” furono i Narentani, che presero il comando, a partire dal VII secolo, sul Mar Adriatico. Le loro incursioni aumentarono al punto che viaggiare e commerciare attraverso l’Adriatico non era più sicuro. I Narentani furono liberi di attaccare e saccheggiare, nel periodo in cui la Marina Veneziana era impegnata in campagne militari fuori dai propri mari, ma al momento del suo ritorno nell’Adriatico, i Narentani abbandonarono i loro assalti, e furono costretti a firmare un trattato con i Veneziani e a riconoscere il cristianesimo.
Negli anni 834-835, rotto il trattato precedentemente stipulato, attaccarono nuovamente ai danni di commercianti veneziani di ritorno da Benevento. Seguirono quindi, negli anni 839 e 840, dei tentativi di punirli da parte dei militari veneziani che andarono completamente falliti.
Successivamente gli attacchi ai danni dei Veneziani si fecero più frequenti e videro anche la partecipazione degli arabi. Dopo le incursioni da parte degli Arabi, sulla costa adriatica nel 872 e il ritiro della Marina Imperiale, i Narentani hanno continuato le loro scorrerie nelle acque Veneziane, provocando nuovi conflitti con gli italiani nel 887-888. I Veneziani, inutilmente, continuarono a combattere contro di loro nel corso dei secoli X e XI.
I Corsari Catalani
Nel 1314 due ambasciatori marsigliesi accusarono i pirati Catalani di aver venduto alcuni commercianti e marinai provenzali, dopo averli privati di beni e imbarcazioni. Attorno al 1360, sempre da parte dei marsigliesi, si ha notizia dell’invio alla Regina Giovana I di Napoli di ambasciatori per la richiesta di risarcimento di danni conseguenti a razzie catalane, che ammontavano a ben 40.000 fiorini d’oro.
I re aragonesi non sempre mantenevano un atteggiamento chiaro nei confronti degli alleati, ai quali da un lato promettevano amicizia, mentre permettevano che i propri sudditi si volgessero contro di loro per saccheggi e attacchi ai mercantili.
Il controllo sul movimento dei porti aragonesi era rigido e veniva precisato da speciali norme che stabilivano le regole e le precauzioni, secondo le quali si doveva navigare. L’editto reale del 1354 prevedeva, infatti, che nessuna imbarcazione potesse salpare dalla spiaggia di Barcellona o da altri porti del Regno, senza una licenza o un lasciapassare e che soltanto le navi armate potessero trasportare merci pregiate.
Altri mari
Nemmeno gli altri mari europei furono risparmiati. Fino a circa il 1440, il commercio marittimo nel Mare del Nord e nel Mar Baltico fu seriamente in pericolo di attacchi pirati.
I musulmani continuarono anche nel Rinascimento a depredare navi, e finirono progressivamente solo nel XIX secolo, partendo sempre e solo dalle coste marocchine, algerine, tunisine o libiche, ma senza essere pirati. Ciò è dimostrato dal fatto che i corsari barbareschi non aggredivano navigli musulmani, ma rapinavano esclusivamente imbarcazioni cristiane.
Il Mar Cinese Meridionale ospitava all’inizio del XIX secolo la più temuta e numerosa comunità di pirati (si stima circa 40 000 individui).
La pirateria oggi
La pirateria è un fenomeno presente anche nel mondo contemporaneo. I pirati d’oggi hanno armi sofisticate, ma usano le stesse antiche tecniche di abbordaggio. Attaccano navi mercantili o da crociera. In alcuni casi uccidono i marinai e s’impossessano del carico, o prendendo in ostaggio l’equipaggio e chiedendo un riscatto.
Si calcola che le perdite annue ammontino tuttora tra 13 e 16 miliardi di dollari, in particolare a causa degli abbordaggi nelle acque degli oceani Pacifico e Indiano e negli stretti di Malacca e di Singapore, dove transitano annualmente più di 50 000 cargo commerciali.


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Donne Pirata
Tuttavia, la pirateria non fu solo “roba da maschi”. Ci furono donne pirata che ebbero ruoli molto importanti, come nel V secolo, Alwilda, figlia del re scandinavo Synardus.
Alwilda (V secolo)

Quando suo padre, il re Synardus, organizzò il suo matrimonio con il principe ereditario di Danimarca, Alf, lei si ribellò e, insieme ad altre donne, si travestì da marinaio e partì con una nave nel Mar Baltico. Durante la navigazione, l’equipaggio formato da sole donne, incontrò una nave pirata sulla quale era da poco morto il capitano. Quattro giorni dopo, e dopo aver mostrato il suo valore, Alwilda divenne capitano della nave.
La sua ciurma divenne nota e temuta in tutta la Scandinavia. Allora il re di Danimarca inviò i suoi uomini migliori per combattere contro di loro, guidati da suo figlio Alf. Quando Alwilda lo vide, fu così impressionata dal suo coraggio, che fermò la battaglia e dopo essersi fatta riconoscere, accetto di sposarlo.
La Leonessa di Bretagna
(attiva tra il 1300 ed il 1359)

Un’altra nota piratessa fu Jeanne de Clisson, conosciuta anche come Jeanne de Belleville e sopranominata Leonessa di Bretagna (attiva nel periodo tra il 1300 ed il 1359), fu una nobildonna bretone che divenne corsara per vendicare il marito, dopo che costui è stato giustiziato per tradimento dal re di Francia. Ella solcò La Manica e prese di mira le navi francesi, spesso massacrandone l’equipaggio. Era sua abitudine lasciare in vita almeno un marinaio per portare i suoi messaggi al re francese.
Anne Bonny
(attiva dal 1719 al 1720)

Mary Read (m.1721)

Mary Read (anche Reade) nacque attorno al 1690 secondo alcune fonti, una decina d’anni prima secondo altre, forse a Plymouth, in Inghilterra. Il fratello maggiore di Mary morì ancora bambino e sua madre faceva fingere a Mary di essere il fratello per continuare a ricevere aiuti finanziari da parte della madre del suo defunto marito. Presa l’abitudine di vestirsi da maschio, Mary si fece assumere come domestico, ma poi decise che una vita per mare le avrebbe fornito maggiori occasioni e avventure.
Sempre sotto vestite spoglie, Read si unì a una nave militare ed entrò successivamente nell’esercito, prendendo parte alla guerra dei Nove Anni (1688-1697) contro la Francia. Si innamorò di un ufficiale di cavalleria, e la coppia lasciò l’esercito e gestì un pub in Olanda, chiamato “Three Horse Shoes” (“I Tre Ferri di Cavallo”). Ma il marito di Read morì e gli affari crollarono. Fu cosi che si unì all’equipaggio di una nave e si diresse verso i Caraibi, per iniziare una nuova vita.
Read e Bonny
Curiosità sui pirati
- Ogni compagnia piratesca aveva un proprio codice, per governare lo stile di vita dei pirati. Seguivano pratiche, soprendentemente, democratiche a bordo delle loro navi. Le decisioni venivano prese collettivamente, tramite votazioni. Il bottino era diviso equamente e il capitano poteva essere destituito se ritenuto incapace. Le regole di convivenza erano stabilite in anticipo e rispetate per mantenere l’efficienza. Secondo alcuni studiosi, come l’antropologo David Graeber, i pirati potrebbero essere considerati pionieri di pratiche democratiche, anche se altri storici vedono la pirateria solo come un’attività criminale priva di ideali politici.
- Il fatto che i pirati nascondessero tesori in isole disabitate, è più leggenda che verità, anche se non lo si può, del tutto, escludere. I tesori dei pirati più ricercati del mondo sono “il tesoro sepolto nell’isola del Cocco” (al largo della costa pacifica costaricana) e “il tesoro del pirata William Kidd”.