pubblicato a dicembre 2024

prossima pubblicazione 2025

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Death Valley - La Valle della Morte

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Se qualcuno l’ha intitolata Valle della Morte un motivo ci dovrà pur essere. La Valle della Morte è un’area desertica degli Stati Uniti d’America che da il nome all’omonimo Parco Nazionale, situato nello Stato della California ed in piccola parte nel Nevada, il “Parco Nazionale della Valle della Morte (Death Valley National Park)“. Circa al centro della valle si trova il punto più basso del Nord America.

La valle della Morte è una depressione che fa parte del Grande Bacino (Greate Basin) e si estende longitudinalmente da nord a sud, fra Sierra Nevada in California ad ovest e Stato del Nevada ad est. La valle è lunga 225 km e larga in media 40 km. Il parco è lungo circa 170 km e penetra a nord per breve tratto in Nevada.

Il clima

Il nome deriva dalle particolarissime condizioni climatico-ambientali che rendono estremamente difficile la sopravvivenza di molte specie animali e vegetali. Qui, le temperature raggiungono numeri da record, con punte storiche di oltre 50°C, registrate nel 1913. Durante l’estate è severamente sconsigliato circolare nella valle.

Il clima della Valle della Morte fa parte della zona climatica del deserto del Mojave e fa decisamente caldo. A causa della disposizione orografica, su tutto il territorio piovono da 3 a 6 cm d’acqua all’anno. Da maggio a settembre la temperatura di giorno è in media sui 50°C, con dei picchi anche oltre 55°C. La notte scende a valori compresi tra 28 e 37°C.

Il picco di temperatura massima si è avuto il 16 settembre 1913 con 56,7°C. Ma questo valore non può essere omologato fra i record di temperatura mondiali per l’imprecisione della misurazione dell’epoca. Decisamente migliore la situazione nei mesi invernali, quando la media delle temperature è compresa tra i 26°C (diurna) e i 20°C(notturna). Come in tutte le aree desertiche, la diminuzione delle temperature dopo il tramonto è infatti causata dall’assenza di irraggiamento, favorito dalle notti serene e dalla quasi totale assenza di venti.

Il deserto fiorito

Durante l’estate, a causa delle elevatissime temperature diurne non si può circolare di giorno. Le ore migliori consigliate per arrivarci sono nel pomeriggio, dalle 17 in poi, e nelle prime ore del mattino, dalle 4 alle 9. Il maggior afflusso di turismo domestico si registra fuori stagione, soprattutto in inverno, periodo in cui, dopo brevi ma intense fasi di pioggie, è possibile osservare il fenomeno del deserto fiorito.

Racetrack Playa

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In una parte remota della Death Valley, esattamente nel lago asciuto conosciuto come Racetrack Playa, avviene un fenomeno naturale tra i piu misteriosi del mondo. Le pietre si muovono da sole per lunghi percorsi, senza l’intervento di uomini o animali. Il meccanismo attraverso il quale ha luogo lo spostamento di tali rocce è rimasto un mistero per decenni, ma uno studio pubblicato nel 2014 ha dimostrato che le pietre scivolerebbero sul ghiaccio sottostante il terreno, grazie all’azione del vento.

Il deserto di Atacama

Tuttavia, la Valle della Morte non è il luogo più caldo della terra. Il luogo più arido e ostile della terra è il deserto di Atacama, si trova in Cile e, pensate che si trova vicino alla riserva d’acqua più estesa del pianeta, l’oceano Pacifico. Atacama, un deserto costiero, lungo più di 1500 km, occupa il Cile nord occidentale e dicono sia il luogo piu secco del nostro mondo, 50 volte più arido della Death Valley. A causa della sua posizione, schiacciato tra le Ande e l’oceano Pacifico, dove scorre la corrente di Humboldt, qui non piove mai, o quasi mai.

Le precipitazioni annue vanno da 0,6 mm nella regione di Arica, a 2,1 mm nella regione di Iquique. La scarsità delle pioggie è dovuta da un lato alla corrente di Humboldt, che raffredda l’aria facendo condensare le nuvole già sull’oceano, e dall’altro alla presenza ad est della catena delle Ande, che intercetta l’umidità proveniente dal bacino amazzonico, creando così un perenne campo di alta pressione.

Il deserto fiorito

Deserto fiorito

A differenza di molti altri deserti è un luogo freddo nel quale non vivono nemmeno i batteri. È per questa ragione che la Nasa ne studia l’ecosistema, paragonabile a quello dei luoghi più inospitali del sistema solare.

Tuttavia, in media ogni cinque anni, ma con un periodo statisticamente variabile fra i tre e i sette anni, nei mesi di dicembre e gennaio, il deserto di Atacama diviene teatro dello spettacolare fenomeno del deserto florido. Il fenomeno è legato alle oscillazioni climatiche causate da El Niño, che generano un forte riscaldamento delle acque dell’oceano Pacifico orientale portando a un inusuale aumento delle precipitazioni, a seguito delle quali le distese sabbiose del deserto vengono ricoperte da una “esplosiva” fioritura di molteplici specie di differenti colori.

Questo però non accade ogni anno, poiché dipende dalle precipitazioni. Perché il fenomeno abbia luogo, sono necessarie pioggie abbondanti del solito durante l’inverno australe. In anni particolarmente secchi, la fioritura potrebbe non avvenire per niente.

La porta dell'universo

Situato ad un’altitudine di 3500 m, il desolato deserto di Atacama vanta cieli limpidi e incontaminati che consentono l’osservazione delle stelle più incredibile e indimenticabile. Per questo motivo viene chiamato anche “La porta dell’universo“. Anche se Atacama offre viste stellari impressionanti per la maggior parte dell’anno, i mesi da marzo a novembre sono considerati ideali. Durante questo periodo, il cielo è particolarmente chiaro e meno soggetto a interferenze atmosferiche. Il cielo meridionale regala spettacoli come la Croce del Sud, una costellazione facilmente riconoscibile e utilizzata come punto di riferimento per la navigazione nell’emisfero sud. Altre costellazioni prominente includono il Sagittario e lo Scorpione.

Molti operatori locali offrono escursioni notturne per osservare le stelle, in genere con una breve introduzione seguita da osservazioni telescopiche. Questi tour sono guidati da astronomi o esperti di stelle che forniscono spiegazioni dettagliate sui corpi celesti osservati. Si consiglia di portare abbigliamento caldo anche durante i mesi caldi, poiché le temperature possono scendere drasticamente di notte.

Il deserto del Sahara

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Il più vasto deserto caldo sulla Terra, invece è quello del Sahara, con una superficie di 9 000 000 km², posto nell’Africa settentrionale e attraversato dal “Tropico del Cancro” (23° 27′ latitudine nord). Si estende dall’oceano Atlantico al Mar Rosso, per una lunghezza di circa 5000 km, con l’unica interruzione nella Valle del Nilo, e per una larghezza di 1500 – 2000 km dal Mediterraneo fino alle regioni centrali dell’Africa, dove il passaggio da deserto a savana è a volte assai incerto e stabilito da fattori di ordine climatico.

Idrografia del Sahara

Nel Sahara mancano totalmente i corsi d’acqua e quindi l’idrografia è rappresentata da una rete di valli disseccate e di fiumi fossili orientati verso il Niger, il Ciad e il Nilo, nei quali scorre l’acqua solo in caso di piogge eccezionalmente abbondanti. Ricchissima è invece la circolazione sotterranea, alimentata da numerose falde poste a diverse profondità, che danno origine alla grande maggioranza delle oasi.

Le precipitazioni, nel deserto del Sahara, sono ben al di sotto dei 100 mm annui. Rapidissima è l’evaporazione, fortissimo il riscaldamento diurno e intensa l’irradiazione notturna che provocano ampie escursioni termiche fino a 25-30°C.

Le temperature diurne raggiungono punte molto alte, nella stagione estiva, comprese tra 45°C e i 50°C di media. Nelle zone più interne si stima che questi valori possano essere superati, sebbene non ci siano stazioni meteorologiche che possano confermarlo con certezza, mentre le piogge, soprattutto in alcune regioni, mancano del tutto.

I venti sahariani

Una particolarità del clima del Sahara sono i venti desertici, che portano con se, anche verso l’Europa e non solo, il materiale desertico, come sabbia, o anche elementi come ferro e fosforo, che inducono la crescita di alghe marine, e persino in grado di apportare alterazioni nell’ambiente.

Già nell’antichità Aristotele osservò la presenza, nel vento del sud, di grande quantità di terra, mentre in epoca moderna il primo caso ben documentato fu la cosiddetta “pioggia di sangue“, accaduta nel 1901 e che coinvolse anche il territorio della Germania settentrionale.

Neve e gelo nel Sahara

Il 18 febbraio del 1979, per mezz’ora, il Sahara vide la neve. Il 17 e il 18 gennaio 2012, il Sahara vide di nuovo la neve, in Algeria (zona Mecheria), sepurre con accumuli scarsi (6 mm a quote superiori a 1000m).

La nevicata più recente si è avuta nel pomeriggio del 19 dicembre 2016, sulle alture della città algerina Ain Sefra.

Le gelate sono possibili d’inverno, a causa delle fortissime escursioni termiche tra notte e giorno.

Sahara nell'antichità

Numerose sono le pitture rupestri che danno un’interessante testimonianza sulla funa e sulle genti che un tempo abitarono il deserto. Anticamente il Sahara non era un deserto. Circa 30 000 anni fa, le sue montagne erano coperte di rigogliose foreste, la sua fauna era molto ricca, e i popoli che vi abitavano si dedicavano alla caccia e all’allevamento del bestiame. Tra i soggetti rappresentati si notano spesso animali tipici della fauna tropicale (antilopi, bovini, dromedari, elefanti, ippopotamo e quindi corsi d’acqua ) da cui si deduce che anticamente il Sahara ebbe un clima diverso.

Gli uomini sono rappresentati con la testa rotonda, e vennero chiamati “marziani“. Esiste anche una figura umana alta più di tre metri: un dio. Fra le pitture rupestri del Sahara si sono scopere le più antiche rappresentazioni di funghi allucinogeni, allora molto probabilmente assunti dalle popolazioni locali in rituali sacri.

Picture of Il Portale delle curiosità di Cristina G.H.

Il Portale delle curiosità di Cristina G.H.

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L'Orto più antico al mondo

L'Orto e Museo Botanico di Padova

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L’Orto e Museo Botanico di Padova è il più antico giardino botanico del mondo. Fu istituito nel 1545 per la coltivazione delle piante medicinali, che allora costituivano la grande maggioranza dei “Semplici“, cioè di quei medicamenti che provenivano direttamente dalla natura.

Nel 1997 l’Orto è stato iscritto nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO come bene culturale. La motivazione in base alla quale è stata presa la decisione del Comitato del Patrimonio dell’Umanità è che l’Orto Botanico di Padova “è all’origine di tutti gli orti botanici del mondo e rappresenta la culla della scienza, degli scambi scientifici e della comprensione delle relazioni tra la natura e la cultura. Ha largamente contribuito al progresso di numerose discipline scientifiche moderne, in particolare la botanica, la medicina, la chimica, l’ecologia e la farmacia“.

L’ateneo padovano era, infatti, conosciuto in tutto il mondo per lo studio delle piante. Qui venivano lette e commentate le opere botaniche di Aristotele e di Tefrasto. Nel nuovo orto botanico trovano spazio circa 6.000 esemplari con 3.500 specie botaniche.

Fondazione dell'orto botanico

L’ateneo padovano, fondato nel 1222, era già largamente famoso per lo studio delle piante, in particolare per l’applicazione di queste alle scienze mediche e farmacologiche. Quando l’Orto fu fondato regnava una grande incertezza, circa l’identificazione delle piante usate dai celebri medici dell’antichità. Erano frequenti errori e frodi, con gravissimi danni per la salute dei pazienti. L’istituzione di un orto medicinale fu sollecitata su richiesta di Francesco Bonafede, che allora ricopriva la “Cattedra di Lettura dei Semplici” presso l’Università di Padova, per facilitare l’apprendimento ed il riconoscimento delle piante medicinali autentiche rispetto alle sofisticazioni. Nel 1945 un decreto del senato della Repubblica di Venezia ne approva la costituzione. I lavori sono immediatamente avviati.

Il primo custode dell’orto è, nel 1547, Luigi Squalermo, detto Anguillara, che fa introdurre 1800 medicinali. Nel 1551 all’Anguillara viene affiancato Pier Antonio Michiel, già creatore di un ammirabile giardino privato, conoscitore e amatore delle specie vegetali ed autore di un eccellente erbario illustrato.

Rarità custodite

L’Orto, per la rarità dei vegetali contenuti e per il prezzo elevato dei medicamenti che da essi venivano ricavati, era oggetto di frequenti furti notturni, nonostante le severe pene comminate dalla legge. Per tale ragione fu edificato un muro di recinzione circolare, tutt’oggi visibile e caratterizzante, da qui il nome di “Hortus Cintus.

Da 1835, all’interno dell’Orto botanico si trova una biblioteca che dispone di antiche e nuove testimonianze. Oltre ai libri, conserva materiale di varia natura come ad esempio, erbari secchi, manoscritti, fotografie, quadri, planimetrie storiche e oggetti museali. Nello stesso anno fu fondato nel comprensorio dell’orto un erbario, diventato oggi un museo che ha al suo interno una fornita collezione di piante essicate, alghe, funghi, muschi, lichieni, legni, semi e frutti. L’erbario del museo comprende circa 500.000 campioni provenienti dall’Italia, Europa, Asia, Africa e Americhe, pervenuti a partire dalla fine del XVIII secolo.

Eventi


In una palazzina attigua all’ingresso dell’orto si trovano le sale espositive del Centro di Ateneo per i Musei, dove vengono allestite mostre relative alla botanica ai fini di divulgazione scientifica. Durante tali eventi si possono ammirare vari reperti conservati nei musei dell’ateneo cittadino. Situato in un’area di circa 2,2 ettari, si trova nel centro storico di Padova, nei pressi del Prato della Valle.

L'Orto e Museo Botanico di Pisa

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L’Orto e Museo Botanico di Pisa o più semplicemente “Orto Botanico di Pisa” è una struttura didattico – scientifica del Sistema Museale di Ateneo dell’università di Pisa.

Giardino dell'Arzinale

L’Orto Botanico dell’Università di Pisa nacque nel 1543 per iniziativa di Luca Ghini, medico e botanico di Imola, con l’appoggio finanziario del granduca di Toscana, Cosimo I de’ Medici. Come data di fondazione, si tratta del più antico Orto Botanico Universitario al mondo, ma il fatto che la localizzazione originale fosse diversa dall’attuale rende l’Orto Botanico di Padova titolare di questo primato. Il primitivo orto pisano sorgeva, infatti, nel giardino annesso al Convento di San Vito, nei pressi della Cittadella e dell’Arsenale mediceo, ed era per l’appunto denominato Giardino dell’Arzinale oppure Giardino dei Semplici.

La sede attuale nella Piazza del Duomo

Qualche anno più tardi, con la demolizione del suddetto convento, l’orto si estese anche nella zona da esso occupata. Nel 1563, sotto la guida del botanico Andrea Cesalpino, a causa dell’espansione dell’Arsenale, l’orto fu trasferito in una seconda sede, nella zona nord-orientale della città, nei pressi dell’Orto del Convento di Santa Maria. Neanche questa sede risultò tuttavia soddisfacente, sia per la cattiva esposizione che per la distanza dalla sede dell’università. Così, nel 1591 l’orto, sotto la direzione di Lorenzo Mazzanga, fu trasferito nell’attuale sede, presso la celebre Piazza del Duomo, in un terreno acquistato appositamente dal Granduca Ferdinando I.

Tesori custoditi

Ospita piante di 5 continenti: ” le succulente dei deserti africani e americani; le piante aromatiche della macchia mediterranea; le specie delle paludi toscane; numerosi alberi secolari “. Vi è stato istituito anche un Museo Botanico che conserva strumenti legati all’insegnamento della botanica universitaria dalla fine del Settecento, alcuni molto pregiati e dall’elevato valore artistico, come i modelli botanici in cera e in gesso e delle tavole didattiche acquerellate risalenti all’Ottocento.

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