pubblicato a settembre 2024

prossimo a dicembre 2024

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Insetti, sapevi che?...

  • Gli scarafaggi sono apparsi sul pianeta terra 256 milioni di anni fa e da circa 150 sono praticamente immutati.
  • Gli scarafaggi possono vivere nove giorni senza la testa, per poi morire di fame.
  • Le drosofile, i moscerini della frutta, sono forse gli insetti più studiati nella ricerca biologica e genetica. Nel 1947, 10 anni prima della spedizione della famosa cagnolina Laika, una colonia di questi insetti fu inviata nel cosmo.
  • La farfalla più grande del mondo è la Falena Atlante, una gigantesca falena che svolazza tra la vegetazione delle Filippine, Thailandia e Malesia. Nonostante vivano solo pochi giorni, queste farfalle depongono anche 150-200 uova, garantendo la prosperità della specie. Viene anche chiamata “farfalla cobra” a causa del particolare disegno che decora le sue grandi ali. L’apertura alare della falena Atlante raggiunge i 30 cm di lunghezza. Insieme alla falena Atlante, a pari merito, con l’apertura alare sempre fino a 30 cm, c’è la Farfalla della Regina Alessandra, “Ornithoptera Alexandrae”. Vive in una regione circoscritta della Papua Nuova Guinea ed è stata soprannominata “farfalla della Regina Alessandra” in onore della regina Alessandra di Danimarca, moglie del re inglese Edoardo VII.

Insetti, cibo del futuro

  • Circa l’80% degli animali della Terra sono insetti!
  • Circa 1 miliardo di persone nel mondo mangia insetti. Questi, infatti, hanno un alto contenuto proteico (fino al 70%), pochi grassi e sono molto digeribili.
  • Gli insetti possono vivere ovunque. Gli insetti sono incredibilmente bravi a trovare un modo per sopravvivere, in qualsiasi condizione. Il fatto che possano vivere ovunque sul pianeta lo dimostra. Gli insetti possono essere trovati nelle parti più fredde e calde del mondo. L’unico loro limite, per ora, sono gli oceani!
  • Quanto vivono gli insetti? Dipende. Allo stato larvale anche molti anni. Una specie di cicala americana ne impiega 17 anni per diventare adulta! E le regine delle termiti possono superare i 50 anni. Per la maggior parte, però, la vita è breve: nel caso delle effimere, 12 ore!

Formiche

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La vita di una formica può variare in base alla specie o al suo ruolo nella colonia. In genere, la vita di una formica operaia può durare dai 6 mesi ai 4 anni. Le regine, invece, non svolgendo una vita lavorativa come le operaie possono vivere molto di più, dai 5 ai 20 anni. I maschi, invece, sono quelli che hanno vita più breve. Infatti, la loro esistenza si limita al periodo dell’accoppiamento, cioè una volta accoppiati muoiono, raggiungendo solo poche settimane di vita.
Ebbene, anche le laboriosissime formiche dormono! I sonnellini più lunghi spettano alla formica regina che ha compito di amministrare le attività del formicaio: può arrivare a dormire per circa nove ore al giorno. Le operaie, invece, sempre indaffarate non dormono mai per lunghi periodi: distribuiscono i sonnellini durante la giornata, possono arrivare a farne intorno ai 200, anche di un minuto ciascuno. In più, esattamente come noi, mostrano la stanchezza sbadigliando.

Comportamento

Tutti abbiamo visto lunghe file di formiche camminare apparentemente senza mai fermarsi, ma perchè si comportano in questo modo? Si tratta di formiche operaie, che trasportano il cibo nella colonia. Per catturare le loro prede, le formiche hanno una strategia: si avvicinano alla preda in gruppi di circa cinque o sei individui e, mentre alcuni usano la mandibola per immobilizzarla, altri la uccidono spruzzando acido formico.
Le formiche comunicano tra loro grazie alla chimica. Sono dotate di antenne e ghiandole sul capo, in grado di produrre sostanze odorose, chiamate feromoni, che comunicano agli altri membri della colonia informazioni riguardo il riconoscimento sociale, la disponibilità di cibo e messaggi di allarme. Il senso più sviluppato delle formiche è il loro olfatto. Infatti, hanno 5 volte più recettori per gli odori rispetto a qualsiasi altra specie di insetti. La loro altissima capacità di percepire gli odori determina il loro comportamento e l’organizzazione dell’intera colonia.
Nonostante il loro piccolissimo corpo leggero, questi insetti hanno una forza fisica incredibile, riescono a sollevare fino a 50 volte il loro peso.

Formiche in cucina

In alcune parti del mondo le formiche vengono utilizzate in cucina per preparare delle ricette speciali. In Messico, ad esempio, esiste un piatto chiamato “Escamoles” che si prepara con le larve e le pupe di alcune formiche. Queste vengono cotte con del peperoncino e della cipolla assumendo un gusto simile a quello degli anacardi.
Una ricerca comparsa nel settembre 2022 su “Proceedings of the National Academy of Science (PNAS)”, ha calcolato che il numero di formiche sull’intero pianeta si aggirerebbe intorno all’astronomica cifra di 20 milioni di miliardi. Una volta stabilita la quantità di formiche presenti sulla Terra, lo studio ne ha calcolato anche la massa complessiva di carbonio, l’elemento principale delle forme di vita che abitano il nostro pianeta. Dai risultati ottenuti è emerso come la biomassa di questi insetti corrisponda a circa 12 milioni di tonnellate di carbonio, più della biomassa totale di tutti gli uccelli e mammiferi del mondo.

Il tasso

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Il tasso (Linnaeus, 1758) è un mammifero carnivoro della famiglia Mustelidae. È specie protetta. La specie è nota anche col nome di tasso comune o tasso europeo, per evitare di ingenerare confusione con altre specie di tasso (come il tasso americano o il tasso del miele), in quanto questi animali abitano gran parte d’Europa, oltre che alcune porzioni del Medio Oriente e dell’Asia centrale.

Caratteristiche

Col suo metro di lunghezza e quasi 15 kg di peso, questo animale rappresenta una delle specie di mustelidi di maggiori dimensioni. L’aspetto è quasi ursino, col corpo robusto e zampe corte e forti, con grossi unghioni adatti a scavare e la caratteristica mascherina nera sulla faccia bianca rende il tasso inconfondibile.

Abitudini

Il tasso è un animale notturno che passa la giornata a dormire all’interno di una delle numerose tane che questi animali scavano nel proprio territorio, e che spesso vengono condivise con altri animali; se molestato, esso si rivela un avversario temibile e tenace. Fatto insolito per un mustelide, il tasso comune condivide con l’orso bruno il singolare primato di “meno carnivoro fra i carnivori”: la sua dieta è infatti molto variabile ed opportunistica, comprendendo un gran numero di specie diverse di piante e animali, che vengono cercati e reperiti al suolo o nel sottosuolo. Si tratta quindi di un animale onnivoro.

  • ll Siberian Husky può stare ovunque a patto che sia in compagnia e che una persona dinamica si occupi di lui. Questi cani sono stati utilizzati per secoli dalla popolazione Chukchi in Siberia per trainare le slitte, come cani da gregge negli allevamenti di renne e come cani da guardia.
  • Secondo uno studio del Census Of Marine Life, “esistono  8,7 milioni le specie di esseri viventi” presenti sul pianeta terra. Attualmente ne sono state classificate solo 1,2 milioni. Quindi 86% di specie sono ancora sconosciute.
  • In un branco di elefanti, nel caso in cui un piccolo rimane orfano, viene adottato dalle sorelle maggiori o dalle altre mamme del branco. Spesso l’adozione di un cucciolo può avvenire anche per uno che è del tutto estraneo a quel branco.
  • La testimonianza più antica di un legame tra cani ed umani risale a circa 28 mila anni fa e si tratta delle orme di un bambino e di un cane ritrovate nei pressi di una grotta nel sud della Francia. Tutt’oggi non si sa esattamente come si sia svolto il processo di domesticazione dei cani. Tuttavia vi sono diverse ipotesi al riguardo come ad esempio quella proposta dai biologi Ray e Lorna Coppinger i quali ipotizzano che si sia trattato di una domesticazione naturale da parte di alcuni lupi che non avevano grandi abilità nella caccia e presentavano meno timore nei confronti degli esseri umani.
  • I pesci rossi, non solo non è affatto vero che abbiano una capacità di trattenere i ricordi di 3 secondi, ma i pesci rossi saprebbero addirittura insegnare informazioni ai loro simili. In esperimento, pesci rossi capaci di riconoscere i predatori perché cresciuti in libertà, hanno dimostrato di saper trasmettere la loro esperienza a pesci nati e vissuti in cattività: i pesci mostrano di imparare più facilmente, se possono seguire l’esempio di loro simili. Altri test hanno mostrato che sanno costruire mappe mentali per raggiungere luoghi familiari.

La Zebra

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La zebra è un mammifero perissodattilo erbivoro, appartenente, come il cavallo, alla famiglia degli Equidi. Le zebre sono animali sociali che vivono in gruppi familiari permanenti composti da uno stallone e da 1-6 femmine con il rispettivo puledro. Distribuite nelle regioni orientali e meridionali dell’Africa, le zebre si distinguono marcatamente dagli altri membri della famiglia per le striature verticali, nere o bruno-rossastre, alternate a bande chiare bianche o giallastre, sui quarti anteriori, che spesso tendono all’orizzontale sui quarti posteriori dell’animale.

Le strisce delle zebre

Molti zoologi ritengono che le strisce fungono da meccanismo di mimetizzazione, anche se alcuni credono che giochino un ruolo nelle loro interazioni sociali, agendo come mezzo di distinzione di un individuo in mezzo agli altri, a causa di lievi variazioni nelle strisce. Nonostante oggi la parte bianca del corpo delle zebre prevalga su quella nera, gli zoologi ritengono che gli antenati della zebra fossero tutti neri (o comunque scuri) e che le strisce bianche siano comparse in seguito. Probabilmente, si è scoperto, perché il bianco attira di meno insetti come i tafani, che si nutrono di sangue e possono diffondere malattie. Le zebre nere che avevano qualche macchia bianca, hanno avuto nel corso del tempo più possibilità di sopravvivere ad epidemie. Si sono accoppiate tra loro, favorendo la nascita di zebre sempre più bianche (e sempre meno molestate dagli insetti).

Sapevi che...

  • Uno dei primi studiosi di zoologia fu il filosofo greco Aristotele, che nel quarto secolo a.C classificò le caratteristiche e il comportamento di centinaia di specie in cinque libri. Da allora la zoologia è progressivamente avanzata nella descrizione dell’universo animale, spesso annunciando nuove scoperte.
  • Secondo gli studi, gli animali più piccoli come ad esempio gli scoiattoli, tendono a percepire il tempo come se passasse più lentamente. Possono vedere i movimenti in una scala temporale più fine rispetto alle creature più grandi, questo permette loro di scappare più facilmente dai grandi predatori.
  • I vertebrati più longevi del mondo sono gli squali della Groenlandia, che possono vivere fino a 400 anni.
  • I coccodrilli di mare piangono per potersi liberare dal sale contenuto nell’acqua marina.
  • Esistono dei coccodrilli di mare che riescono a raggiungere fino a 7 metri di lunghezza. Diverse testimonianze hanno riportato che questi coccodrilli mangiano anche squali lunghi fino ad 1 metro.
  • Gli squali non hanno ossa. Gli scheletri di squalo sono molto diversi da quelli dei pesci ossei e dei vertebrati terrestri. Gli squali e altri pesci cartilaginei come razze, hanno scheletri di cartilagine e tessuto connettivo.
  • Gli squali, a differenza dei pesci normali hanno grandi difficoltà a galleggiare perché non hanno la vescica natatoria e quindi per restare a galla sono costretti a nuotare sempre.
  • I denti degli squali vengono continuamente sostituiti da denti nuovi. Possono arrivare a cambiarne diverse migliaia in tutta la loro vita e arrivare ad averne 350 in bocca nello stesso momento.
  • Gli unici due animali che possono “letteralmente” guardarsi le spalle sono i pappagalli e i conigli.
  • I salmoni vengono spesso allevati per la carne in spazi chiusi, ma in libertà, trascorrono la vita viaggiando. Nascono in acqua dolce, migrano verso il mare per trascorrere gran parte della loro vita e poi tornare spinti da un irrefrenabile istinto al loro fiume nativo per riprodursi.

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Curiosità animali

Hanno lasciato un segno...

Ulisse Aldrovandi

Ulisse Aldrovandi nacque a Bologna alle ore 11 dell’11 settembre 1522, un mercoledì, dedicato ai Santi Proto e Giacinto. Il padre si chiamava Teseo, notaio e segretario del Senato Bolognese, la madre era Veronica Marescalchi. Ulisse rimase orfano di padre all’età di 6 anni e dimostrò intelligenza precoce e vivacità nell’apprendere.

Studi

A 12 anni, senza un soldo in tasca e senza avvisare la madre, faceva la sua prima “uscita” per recarsi a Roma, dove divenne paggio del Vescovo di Sardegna; si stancó ben presto di questa mansione e fece ritorno a Bologna, dove si dedicò agli studi di aritmetica sotto la guida di Annibale della Nave. Facendo tesoro di tali insegnamenti, a 14 anni si recava a Brescia nella veste di contabile alle dipendenze di un potente mercante.
Dal 1548 al 1549 studiò matematica e medicina a Padova.

Sospetto di eresia

Nel 1549 cadde in sospetto d’eresia insieme ad altri 7 intellettuali bolognesi, su istigazione dell’Inquisizione da parte del domenicano e concittadino Leandro Alberti che fu poi inquisitore nel 1550 e nel 1551. Recatosi a Roma per discolparsi, conobbe il grande naturalista francese Guillaume Rondelet che stava stilando il suo libro sui pesci, “Histoire naturelle des poissons”, e gli venne l’idea di cominciare a raccogliere pesci lui stesso, iniziando così il primo nucleo del suo futuro importante museo.

Matrimonio

Spinto dalla famiglia a non rimanere scapolo dedicandosi alle sole attività culturali, nel 1563, all’età di 41 anni, Ulisse si decise per il matrimonio. I suoi occhi si posarono sulla diciottenne Paula Macchiavelli, ma dopo soli 19 mesi rimase vedovo e si ritirò per alcuni giorni a Ravenna. Qui, per consolarsi della dolorosa perdita, collezionò meravigliosi marmi orientali.
Anche se non incline al matrimonio convolò nuovamente a nozze nel 1565 con Francesca Fontana, bella ragazza e ricca di talento, che aiutò il marito nella compilazione del “Lessico degli Oggetti Inanimati” e nelle relazioni epistolari. Il matrimonio fu allietato da un maschietto e da una femminuccia, deceduti ambedue in tenera età. Ulisse ebbe anche un figlio illegittimo, Achille (1560-1577), al quale riconobbe la paternità e al quale avrebbe potuto arridere una brillante carriera di letterato, ma morì prematuramente a 17 anni cadendo da una terrazza.

Morte

Con un disposto del Senato, Ulisse poté ritirarsi dalla vita attiva il 6 dicembre del 1600 con una pensione pari allo stipendio. Si ammalò il 10 novembre 1603, morì il 4 maggio 1605 e fu sepolto nella cripta dei suoi antenati nel chiostro della chiesa di Santo Stefano. Nel testamento lasciò i suoi abiti a Uterverius, il denaro e i mobili alla moglie Francesca, che gli sopravvisse di 12 anni, tutta la biblioteca personale e i manoscritti al Senato Bolognese.

Ricerche e pubblicazioni

Ulisse Aldrovandi fu un lavoratore instancabile e conobbe gli uomini più importanti del suo tempo, con parecchi dei quali entrò in contatto epistolare, scambiando anche reperti per il suo museo. Ingaggiò a sue spese uno stuolo di disegnatori, pittori e incisori, che continuarono l’impresa iconografica nei decenni successivi alla sua morte, guidati da Uterverio e da Bartolomeo Ambrosini(1588-1657). In vita, Aldrovandi vide pubblicati solo i volumi di ornitologia e di entomologia, gli altri apparvero postumi. Aldrovandi fu uno dei primi zoologi a fornire, quando possibile, una “rappresentazione dello scheletro”. Ebbe anche la pazienza di “aprire le uova durante l’incubazione” per studiare lo sviluppo dell’embrione e spiegò come l’uovo passa dall’ovaio all’ovidutto.

Il nuovo mondo

Uno dei risvolti più interessanti della sua attività scientifica furono le ricerche storiche e naturalistiche sul Nuovo Mondo, scoperto solo trent’anni prima ch’egli nascesse: in un primo tempo mise insieme un’infinità di dettagli raccogliendo notizie su flora e fauna dagli scritti più antichi di Vespucci (navigatore, esploratore e cartografo italiano, (Firenze, 9 marzo 1454 – Siviglia, 22 febbraio 1512)), Cortés (militare, condottiero e nobile spagnolo (Medellìn, 1485 – Castilleja de la Cuesta, 2 dicembre 1547)), Pietro Martire d’Anghiera(storico e geografo italiano (Arona 1457 – Granada 1526)), Gonzalo Fernández de Oviedo(storico spagnolo (Madrid 1478 – Valladolid 1557)), Giovanni Battista Ramùsio(umanista, geografo e storico italiano (Treviso 1485 – Padova 1557)), Nicola Monardes e José de Acosta(scrittore e storico spagnolo (Medina del Campo, 1539 ca. – Salamanca, 1600)); quindi comunicò i dati ai Granduchi di Toscana Francesco I (1541-1587) e Ferdinando I (1549-1609) tra il 1577 e il 1604.

Patrimonio

Rimasto senza eredi, nel 1603, Aldrovandi redasse il suo testamento, nel quale lasció al Senato bolognese il suo immenso patrimonio di ricerca: 18.000 esemplari naturalistici e di manufatti archeologici ed esotici, 7.000 piante essiccate conservate in 15 tomi (il piú antico al mondo), 17 volumi di acquerelli e 14 armadi contenenti matrici xilografiche.

Chi ha imparato da chi...

Alcune specie di scimmie utilizzano strumenti, utensili, come ramoscelli o pietre per sbucciare i frutti. In natura, l’uso di strumenti è diffuso ampiamente negli scimpanzé e viene osservato più di rado in altre scimmie antropomorfe. Tuttavia, in cattività, varie specie di scimmie fanno prontamente uso di strumenti.

Utilizzo di strumenti

Per utilizzare gli strumenti è necessario essere in possesso di caratteristiche anatomiche e comportamentali appropriate. Nella maggior parte dei casi un individuo impara a utilizzare uno strumento attraverso le proprie azioni. Sebbene ciò avvenga spesso in contesti sociali facilitanti, le scimmie non imparano l’uso degli strumenti dalla semplice osservazione del comportamento di un conspecifico esperto. Quanto più un individuo riesce a capire il funzionamento di uno strumento, tanto più impara a utilizzarlo o a modificarlo in modo da accrescerne l’efficacia.

Scimmie e umani

Da almeno 700 anni i cebi strati (Sapajus libidinosus) brasiliani sfruttano le pietre per sgusciare gli anacardi, ed accedere a un gustoso spuntino. Parliamo di un centinaio di generazioni di scimmie, in cui gli individui più vecchi ed esperti hanno “tramandato” la tecnica ai più giovani. Nei pressi del Parco Nazionale Serra da Capivara (Patrimonio dell’Umanità UNESCO, tra i più noti siti archeologici brasiliani) gli archeologi non hanno trovato segni di presenza umana, indigena o coloniale che fosse. Gli strumenti più antichi, trovati a circa 70 centimetri dalla superficie, risalgono al 1266 d.C. Più di due secoli prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo nelle Americhe.
Possiamo quindi pensare che non ci sia stato alcun contatto tra gli europei e i cebi striati, che osservando gli esseri umani avrebbero potuto imparare a sfruttare gli utensili per procurarsi il cibo.

Quindi, chi ha imparato da chi?

Cade così una delle teorie più gettonate su come il comportamento abbia preso piede, perché ora sappiamo che non hanno imparato a farlo da noi. Ma Michael Haslam dell’Università di Oxford, che ha guidato la ricerca, mette sul tavolo un’ipotesi molto controversa, ma parecchio affascinante: e se in alcune circostanze fossimo stati noi a imparare dalle scimmie? In questa specifica area del Brasile gli anacardi sono molto diffusi, ma probabilmente i coloni del tempo non avevano idea che si potessero mangiare, rompendo le bucce. Pensare che abbiano spiato i cebi strati, e appreso da loro l’esistenza del facile spuntino, è senz’altro intrigante.
Nel 1960, Jane Goodall scoprì che gli scimpanzé del Parco Nazionale della Tanzania usavano i ramoscelli degli alberi come esca per catturare le termiti. Staccavano un ramoscello, lo inserivano in un nido di termiti e quando le termiti iniziavano a mangiarne le foglie, lo tiravano fuori e mangiavano a loro volta gli insetti rimasti aggrappati.

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