pubblicato a luglio 2024
prossimo a settembre 2024
animali
Le api
- Le api sono fondamentali per la sopravvivenza della vita sulla terra. Svolgono un’attività importante: impollinare le piante. Se le api non svolgessero il loro lavoro, le piante non sarebbero più in grado di generare i propri frutti e semi, pertanto la loro scomparsa causerebbe l’estinzione.
- Per produrre un chilo di miele le api devono viaggiare una distanza equivalente a 4 volte la circonferenza della terra e visitare più di 4 milioni di fiori.
- Le api sono daltoniche. Le api infatti vedono solo quattro colori: giallo (arancio, verde giallastro), verde bluastro, blu e ultravioletto. La percezione dei colori nelle api è strettamente legata all’impollinazione.
- L’ape regina è un individuo adulto, fertile, femminile della colonia d’api; normalmente è la madre di tutte le api presenti nell’alveare. La regina si sviluppa da una larva selezionata dalle api operaie e nutrita con pappa reale al fine di renderla sessualmente matura, quindi in situazioni ordinarie all’interno della famiglia d’api, l’ape regina è l’unico individuo fertile. La regina si sviluppa più completamente delle operaie, sessualmente immature, poichè ad essa viene fornita, per lunghissimo tempo, la pappa reale, una secrezione delle ghiandole presenti sul capo delle giovani operaie. Essa si sviluppa in una cella, la cella reale, appositamente costruita, più grande delle ordinarie celle dell’alveare ed è orientata verticalmente anzi che orizzontalmente.
- Dopo che un’ape maschio eiacula durante il sesso, i suoi testicoli esplodono e il suo pene viene strappato via. Pochi secondi dopo l’ape muore.
Grandi predatori
Il Ghepardo
Il ghepardo è l’animale terrestre più veloce al mondo, prendendo come riferimento la velocità massima che può raggiungere e senza tenere conto della velocità del falco pellegrino in picchiata (375km circa).
Il ghepardo può raggiungere i 100/115 km/h e li può mantenere in uno scatto di corsa, per circa 400/500 metri, sufficienti per catturare le sue prede. Tuttavia c’è un dettaglio ancora più interessante della velocità di questo felino ed è l’accelerazione.
Come fa un ghepardo a superare i 100 km/h in 3s?
Il ghepardo, in particolare modo, ha un corpo perfetto per correre anche su terreni scivolosi e ha anche una struttura più aerodinamica rispetto ad altri felini perché è in grado di non perdere l’accelerazione nonostante i cambiamenti di direzione. Ciò è possibile grazie alle sue unghie non retrattili, molto solide e non affilate come quelle del resto dei felini (eccetto un artiglio interno delle zampe posteriori). Gli artigli del ghepardo si piantano nel terreno quando cambiano direzione anche bruscamente: per questo motivo il ghepardo, oltre ad essere l’animale più veloce al mondo, è anche l’animale capace di accelerare e rallentare in maniera più rapida di tutti.
In diverse occasioni la velocità massima del ghepardo non deve essere raggiunta perché l’animale riesce catturare una preda raggiungendo anche solo 60 km/h.
La lince
Le linci (genere Lynx Kerr, 1792) sono dei Felidi, appartenenti alla sottofamiglia Felinae. Si distinguono facilmente dai loro simili per la faccia incorniciata da favoriti, le orecchie triangolari terminanti con un ciuffo di pelli neri e il corpo dotato di una corta coda e di lunghe zampe. Inoltre possiedono solo 28 denti invece di 30 come tutti gli altri felini.
Nel corso del tempo la tassonomia delle linci ha subito numerose variazioni. A patire dalla fine del XX secolo vengono riconosciute come tali quattro specie: la lince canadese (Lynx canadensis), la lince eurasiatica (Lynx lynx), la lince iberica (Lynx pardinus) e la lince rossa (Lynx rufus, chiamato “bobcat” dagli americani). Il caracal, che morfologicamente ricorda una lince, è stato a lungo classificato all’interno del genere Lynx e viene ancora oggi chiamato “lince del deserto”.
Le linci, esclusive dell’emisfero settentrionale, hanno come habitat prediletto la foresta boreale e temperata. Considerate specie largamente diffuse, ad eccezione della lince iberica, gravemente minacciata, sono tra i pochi felini che presentano una popolazione stabile. Sebbene occupassero un ruolo importante nella mitologia amerindia (dei nativi americani), le linci erano quasi sconosciute in Europa, dove avevano la reputazione di bestie feroci.
Giganti del Mediterraneo
Il capodoglio
Conosciuto anche come fisetere (Physeter macrocephalus, Linnaeus, 1758), è il più grande di tutti gli Odontoceti e il più grande animale vivente munito di denti: misura infatti fino a 18 metri di lunghezza. L’enorme testa e la forma caratteristica del capodoglio hanno consentito a molti di descriverlo come l’archetipo della balena.
Il termine “capodoglio” deriva da “capo d’olio” e trae origine dalla sostanza oleo-cerosa presente nel loro cranio. Il loro sistema circolatorio si è adattato per immergersi a grandi profondità, fino a 2.250 metri per un massimo di 120 minuti.
La Balenottera Azzurra
Balaenoptera musculus Linnaeus, è un mammifero marino appartenente al sottordine dei Misticeti (“balene con i fanoni”). Con oltre 30 m di lunghezza e 180 t di peso, è, in termini di massa, il più grande animale conosciuto vissuto sulla Terra, escludendo le dimensioni. Lungo e slanciato, il corpo della balenottera azzurra può assumere varie tonalità grigio-bluastre sul dorso, ma si fa più chiaro sul ventre.
Ne esistono almeno tre sottospecie riconosciute “B.m. dell’Atlantico e del Pacifico settentrionale”, “B.m. intermedia dell’Oceano Australe” e “B.m. brevicauda (balenottera azzurra pigmea) del Oceano Indiano e del Pacifico meridionale”. Come quella degli altri Misticeti, anche la sua dieta consiste quasi esclusivamente di piccoli crostacei noti come krill. Le balenottere azzurre possono ingurgitare mezzo milione di calorie in un solo boccone, questo mammifero marino si nutre delle più piccole creature dell’oceano: il krill, può ingoiarne 500 kg (circa 457.000 calorie), in un singolo boccone.
Il carapace delle tartarughe
Noto anche come teca, è sostanzialmente la parte superiore del guscio. Ciascuna squama che compone il carapace prende il nome di “scuto”. L’ordine Testudines (Linnaeus, 1758) o Chelonia comprende rettili comunemente noti come tartarughe, in riferimento a specie marine, e testuggini, per indicare specie terrestri e d’acqua dolce. Nel linguaggio comune il termine tartaruga indica entrambe le categorie, ma nello specifico alle tartarughe appartengono le specie acquatiche, d’acqua dolce (ad esempio gli Emydidae, con membrane di pelle tra gli artigli) o marine (con arti trasformati in pinne), con carapace dal profilo basso e sovente, carnivore, mentre le testuggini sono tutte le specie che si sono adattate alla via terrestre, erbivore, con possenti artigli e con carapace generalmente rialzato (con qualche eccezione come la testuggine palustre che vive in acqua).
Sapevi che?...
- Quasi il 99% del traffico web globale scorre su cavi fissati sui fondali oceanici, molti di questi cavi contengono rivestimenti anti-squali.
- In Nuova Zelanda esiste un rarissimo volatile che non può volare il Kiwi, esso è divenuto un simbolo nazionale del paese. Inoltre i neozelandesi vengono chiamati Kiwi, questa parola è anche un termine usato come aggettivo per descrivere tutto ciò che è neozelandese.
- Oltre ad essere in grado di camminare sull’acqua, i ragni sono in grado anche di respirare sott’acqua. Per riuscirci usano una bolla che fa da riserva d’aria, gli studi hanno dimostrato che il ragno riesce ad estrarre aria dall’acqua.
- Il pesce più velenoso al mondo è il pesce pietra della barriera corallina. Le spine della pinna dorsale, contengono un veleno che porta alla morte.
- Le aragoste urinano dai loro volti. La pipì proviene dalle ghiandole antennali che si trovano vicino alle antenne di questi crostacei.
- Le balene grigie si accoppiano in tre. Il maschio non dominante in questi casi funge solo da tutore per mantenere la femmina in posizione.
- La balia nera è un uccello passeriforme migratore, che sverna in Africa e nidifica in Europa da aprile a settembre. Il maschio sceglie il nido adatto, solitamente la cavità di un tronco, e poi canta per attirare la femmina. Quando questa ha deposto le uova, però, esso vola in un altro nido, ben lontano – anche qualche chilometro! – nel quale attrae una seconda femmina. Questa, ignara del fatto che l’uccelletto abbia un’altra compagna, per via della lontananza dei due luoghi di nidificazione, si concede, ma viene subito abbandonata, e lasciata sola a crescere le creature. Il maschio, infatti, di solito torna dalla prima femmina, per dedicarsi a tempo pieno ai suoi pulcini.
- Le formiche maschio non hanno padre. La formica regina, una volta deposte le uova, riceve la visita della formica maschio che ne feconderà una parte dando vita a formiche femmine. La parte di uova non fecondate invece daranno vita a formiche maschio.
- I bombi fanno parte della famiglia degli Apidi, e come le api si dividono in regine e operaie, entrambe con un pungiglione e “pungono”, ma in ogni caso pungono solo se si sentono in pericolo.
- È vero che il cammello e il dromedario immagazzinano acqua nelle gobbe?
Comodo no? Invece niente di più sbagliato; la loro gobba è composta praticamente solo di grasso. Siccome può capitare che durante le loro lunghe camminate questi animali non trovino cibo per molto tempo, il grasso dà loro l’energia necessaria.
Quindi se vedi un cammello con una gobba floscia, non ha bisogno di acqua. Le sue riserve di grasso sono esaurite e ha bisogno di cibo per riempirle nuovamente.
Il Portale delle curiosità di Cristina G.H.
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Hanno lasciato il segno...
Gregor Johann Mendel
Gregor Johann Mendel (Hyncie, 22 luglio 1822 – Brno, 6 gennaio 1884) é stato un biologo, matematico e monaco agostiniano ceco di lingua tedesca, considerato il precursore della moderna genetica per le sue osservazioni sui caratteri ereditari.
Dopo anni trascorsi a Vienna, nel luglio del 1853 Mendel tornò al monastero come professore, principalmente di discipline scientifiche, quali fisica, matematica e biologia. Lì sviluppò le sue doti di ricercatore e scienziato, fondamenti della sua attività futura nel monastero di Brno. Mendel amava dedicarsi alla meteorologia (pubblicò diversi lavori al riguardo) e all’orto dell’abbazia, dove scoprì le caratteristiche variabili delle piante, svelando dopo molti anni di lavoro i meccanismi dell’ereditarietà.
Genetica
Gregor Mendel, oggi conosciuto come il “padre della genetica moderna”, per compiere i suoi esperimenti coltivò e analizzò durante i sette anni di esperimenti circa 28.000 piante di piselli; successivamente impegnò un biennio per elaborare i suoi dati, che portarono a tre generalizzazioni che divennero in seguito famose come “leggi dell’ereditarietà di Mendel”.
Nell’inverno 1865 Mendel ebbe l’occasione di esporre il lavoro di una vita a un pubblico di circa quaranta persone, tra cui biologi, chimici, botanici e medici, in due conferenze tenute rispettivamente l’8 febbraio e l’8 marzo, ma nessuno riuscì né a seguire né a comprendere il suo lavoro. L’anno successivo pubblicò il proprio lavoro dal titolo “Esperimenti sull’ibridazione delle piante”, facendone stampare quaranta copie che inviò agli scienziati più famosi d’Europa, per invitarli alla verifica della sua grande scoperta mediante ulteriori esperimenti. Questa poteva essere l’occasione del suo tanto atteso e desiderato riconoscimento, ma l’unico che si interessò al suo operato fu il professore universitario di botanica di Monaco, Karl Wilhelm von Nägeli, col quale rimase in contatto per molto tempo.
Il fondamentale contributo di Mendel è di tipo metodologico: egli applica per la prima volta lo strumento matematico, in particolare la statistica e il calcolo delle probabilità, allo studio dell’eredità biologica. Il concetto innovativo da lui introdotto afferma che alla base dell’ereditarietà vi sono agenti specifici contenuti nei genitori, al contrario di quanto sostenuto all’epoca.
Conclusioni
Non si poteva parlare ancora di genetica, ma 35 anni dopo l’olandese Hugo de Vries, il tedesco Carl Correns e l’austriaco Erich von Tschermak, dopo essere giunti alle stesse conclusioni del monaco della Slesia, si accorsero della sua opera e gli riconobbero il merito. Cosi, nel 1900, l’opera di Mendel riuscì ad avere il ruolo che le corrispondeva nella storia della scienza. La scienza dell’ereditarietà ricevette il nome di genetica nel 1906 ad opera di William Bateson; il termine gene fu introdotto ancora più tardi, nel 1909, da Wilhem Johansen.
Il Polpo
- I polpi sono animali più vecchi dei dinosauri poiché si svilupparono oltre 296 milioni di anni fa (conservato al Field Museum of Chicago) mentre i dinosauri si sono formati “solo” 230 milioni di anni fa.
- I polpi hanno una fisionomia molto particolare, infatti essi hanno 3 cuori. Sono tutti verdi, due servono per pompare il sangue alle branchie ed il terzo pompa il sangue al resto del corpo.
- Gran parte dei neuroni dei polpi si trovano nei tentacoli, che sono autonomi l’uno dall’altro. Un tentacolo può, per esempio, aprire una conchiglia mentre un altro fa un’altra cosa. I polpi possono anche decidere di staccare i propri tentacoli per sfuggire ai predatori. Il polpo può essere davvero considerato il Re degli animali: infatti il suo sangue contiene una proteina – l’enocianina – in cui è presente il rame che, a contatto con l’aria rende il colore del sangue blu.
- L’inchiostro di un polpo ha due funzioni: oscura l’animale in modo che possa fuggire dal nemico ma, grazie a un enzima, esso provoca anche danni fisici. Esso infatti provoca irritazione agli occhi e difficoltà visive, così come è in grado di inibire l’olfatto e il gusto dei predatori.
- La pelle dei polpi non cambia colori ma riescono comunque a mimetizzarsi provando a mettersi in posa per assomigliare a un oggetto preciso.
- I polpi sono animali molto intelligenti, possono ad esempio orientarsi all’interno di un labirinto, aprire i tappi dei contenitori. Eppure Aristotele nella sua “Storia degli Animali” li definiva “sciocchi”.
- Durante l’accoppiamento, una polpo femmina può “abbracciare” il maschio talmente forte con le sue molte braccia che i segni delle ventose spesso possono essere visibili sull’esemplare maschio in seguito al rapporto.
- Dopo l’accoppiamento i maschi polpi muoiono entro pochi mesi, mentre le cellule delle femmine vanno incontro a un suicidio programmato subito dopo la schiusa delle uova.
Il Cavalluccio Marino
Gli antichi Greci consideravano il cavalluccio marino una creatura mitologica. Ne esistono più di 30 specie differenti, che presentano svariate combinazioni di colori. Al posto delle squame presenta una struttura ossea composta da piccole placche ricoperte da una pelle sottile. Il particolare muso allungato gli serve per succhiare il cibo, mentre la coda pensile, è utile per aggrapparsi alle alghe, al corallo ed alle piante acquatiche.
Per respirare, il cavalluccio marino usa le branchie ed è pure dotato di una vescica gonfiabile che regola i suoi movimenti nell’acqua, la vescica natatoria.
Paternità
Il cavalluccio marino è l’unico animale in cui i maschi partoriscono. Dopo l’accoppiamento le femmine infatti, depositano fino a 1.500 uova, in una sorta di sacca-incubatrice che si trova nel ventre del maschio. Questo le feconda e le ospita per l’intera durata dello stadio larvale (28 giorni circa). La gestazione può durare dai 10 ai 28 giorni. Attraverso una serie di contrazioni ritmiche e piuttosto violente, del tutto simili ad un parto umano, il pesce espelle da 20 a 1000 ippocampi, lunghi circa 7 millimetri.
I cavallucci marini si accoppiano per la vita e quando viaggiano si tengono reciprocamente la coda.